Let yourself observe
In the Method proposed, the first practice to do to start an educative project is the observation. This phase aims to understand the objectives of both users and context and the current situation in order to point out the gap between the two of them (Turchi, 2014). An important attitude towards observation is neutrality, but unfortunately some human brain activities obstacle a neutral observation. In the following paragraphs will be thus studied these mind-gaps, in order to find a way of reducing their effect on observation.
Independently on if the kind of observation is systematic (structured) or naturalistic (observing the daily-day life), the observation proposed by the method concentrates on words. As words reflect the identity of what the intervention is on, they are the object of interest. The words will not be studied just in terms of what is said, but also in terms of how they interact with actions. The speakers to study in observation are the three, those who influence the dialogical identity: the society (collective matrix), the context and experts (alter) and the subjects of intervention (personalis) (Turchi, 2007; 2014; 2016). The way of studying them is by collecting all the narrations that they make. For the society are considered just the pertinent narrations: for example, if the project develops in the context of immigration, it will be studied just the legislation about it, not all the legislation of the country. On the other side, will be collected all the narrations made in the context by the experts (statute, workers, etc.) and by the subjects of intervention. Are considered all the narrations of the context, because all of them are equally important to really understand which is the situation. Even if it seems a massive collection of data, this is the only way to truly observe the context: because every narration builds the dialogical identity and it is important to have every detail for the phase of analysis that comes before defining the objectives of the project. In order to have a clear of the situation, the observer can consider finished his/her observation just when he/she can predict every narration that is made in the context. In other words, when he/she is the expert of the narrations of the context and is able to tell how every actor of the context would reply in every situation. This means that he/she has a clear picture of the situation.
This kind of observation is opened to whatever happens or it's said because just in this way will be understood what really happens in the context studied and will be given voice to everyone. Sometimes, indeed, structured interviews focus too much the interest on a topic, without considering the variations given by uncertainty, as, for example, the subjects' demands for the project. An open approach, in synthesis, takes care of the right of freedom (UN, 1948), considering also that every situation is different from others.
This openness is made by just collecting data without analysing. Analysis, in fact, is the phase of classifying data and it is a successive moment in the method, that shall not contaminate observation. Indeed, if the analysis is inserted in the observation, it modifies it in terms of not letting it free of observing everything. Had been proved that the human brain stimulated to categorize what is looked at, tends to default the processing of information, reducing the depth of the data collected (Soravia et al., 2020). The more strict the categories are, the less opened is the observation (Contreras Kallens, Dale and Smaldino, 2018) and it could injury the capability of catching messages from the context. This closure is given both by the structure of the interview and by the mind-set of the observer, such as his/her preconceptions and expectations (Contreras Kallens, Dale and Smaldino, 2018). Therefore, is the duty of each observer to make an effort to become more flexible in categorize people and events and this can be made using language (Contreras Kallens, Dale and Smaldino, 2018). A useful exercise in this direction is to try to use generative repertoires and in particular avoiding to categorize people and behaviours through generalization, but being as neutral, descriptive and specific as possible. This will help to focus on singular cases and not to put every case in a big category that might not reflect the characteristics of the situation considered (Contreras Kallens, Dale and Smaldino, 2018).
Observation, in the end, is not just a phase to collect data but a practice to guarantee the right of freedom by being able to listen to exactly what the other person is saying, without barriers or preconceptions. It is a practice to get ready for as educators, through in-depth training and self-improvement.
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Lasciati osservare
Nel metodo proposto, la prima pratica da fare per avviare un progetto educativo è l'osservazione. Questa fase mira a comprendere sia gli obiettivi degli utenti che del contesto, sia la situazione attuale per evidenziare il divario tra i due (Turchi, 2014). Un atteggiamento importante verso l'osservazione è la neutralità, però, purtroppo alcune attività cerebrali umane ostacolano un'osservazione neutra. Nei paragrafi che seguono si studieranno quindi queste lacune mentali, al fine di trovare un modo per ridurre il loro effetto per l'osservazione.
Indipendentemente dal fatto che il tipo di osservazione sia sistematica (strutturata) o naturalistica (osservazione della vita quotidiana), l'osservazione proposta dal metodo si concentra sulle parole. Esse sono l'oggetto di interesse, poiché riflettono l'identità di ciò su cui l'intervento si concentra. Le parole non saranno studiate solo in termini di ciò che viene detto, ma anche in termini di come interagiscono con le azioni. I soggetti da studiare nell'osservazione sono tre, quelli che influenzano l'identità dialogica: la società (matrice collettiva), il contesto e gli esperti (alter) e i soggetti dell'intervento (personalis) (Turchi, 2007; 2014; 2016). Il modo di studiarli è quello di raccogliere tutte le narrazioni che fanno. Per la società sono considerate solo le narrazioni pertinenti: ad esempio, se il progetto si sviluppa nel contesto dell'immigrazione, si studierà solo la legislazione su di essa, non tutta la legislazione del paese. D'altra parte, saranno raccolte tutte le narrazioni fatte nel contesto dagli esperti (statuto, lavoratori, ecc.) e dai soggetti dell'intervento. Sono considerate tutte le narrazioni del contesto, perché tutte sono ugualmente importanti per capire veramente qual è la situazione. Anche se sembra una raccolta massiccia di dati, questo è l'unico modo per osservare veramente il contesto: perché ogni narrazione costruisce l'identità dialogica ed è importante avere ogni dettaglio per la fase di analisi che precede la definizione degli obiettivi del progetto. Per avere una visione chiara della situazione, l'osservatore può considerare terminata la sua osservazione solo quando può prevedere ogni narrazione che viene fatta nel contesto. In altre parole, quando diviene l'esperto delle narrazioni del contesto ed è in grado di raccontare come ogni attore del contesto risponderebbe in ogni situazione. Questo significa che egli/ella ha un quadro chiaro della situazione.
Questo tipo di osservazione è aperta a tutto ciò che accade o viene detto perché proprio in questo modo si capisce cosa accade realmente nel contesto studiato e si dà voce a tutti. A volte, infatti, le interviste strutturate focalizzano troppo l'interesse su di un tema, senza considerare le variazioni date dall'incertezza, come, ad esempio, le richieste dei soggetti per il progetto. Un approccio aperto, in sintesi, si occupa del diritto alla libertà (ONU, 1948), considerando anche che ogni situazione è diversa dalle altre.
Questa apertura è si realizza semplicemente raccogliendo dati senza analizzarli. L'analisi, infatti, è la fase di classificazione dei dati ed è un momento successivo del metodo, la quale non deve contaminare l'osservazione. Infatti, se l'analisi viene inserita nell'osservazione, la modifica in termini di non lasciarla libera di osservare tutto. È stato dimostrato che il cervello umano, stimolato a categorizzare ciò che viene guardato, tende a predefinire l'elaborazione delle informazioni, riducendo la profondità dei dati raccolti (Soravia et al., 2020). Più le categorie sono rigorose, meno si apre all'osservazione (Contreras Kallens, Dale e Smaldino, 2018) e ciò potrebbe pregiudicare la capacità di cogliere i messaggi dal contesto. Questa chiusura è data sia dalla struttura dell'intervista che dalla mentalità dell'osservatore, come i suoi preconcetti e le sue aspettative (Contreras Kallens, Dale e Smaldino, 2018). Pertanto, è dovere di ogni osservatore fare uno sforzo per diventare più flessibile nella categorizzazione delle persone e degli eventi e questo può essere fatto utilizzando il linguaggio (Contreras Kallens, Dale e Smaldino, 2018). Un esercizio utile in questa direzione è quello di cercare di utilizzare i repertori generativi e in particolare di evitare di categorizzare le persone e i comportamenti attraverso la generalizzazione, ma essendo il più neutrale, descrittivo e specifico possibile. Questo aiuterà a focalizzare l'attenzione su casi singoli e a non mettere ogni caso in una grande categoria che potrebbe non riflettere le caratteristiche della situazione pertinente (Contreras Kallens, Dale e Smaldino, 2018).
L'osservazione, in definitiva, non è solo una fase di raccolta di dati, ma una pratica per garantire il diritto alla libertà: ascoltare esattamente ciò che l'altra persona sta dicendo, senza barriere o preconcetti. È una pratica per la quale prepararsi come educatori, attraverso una formazione approfondita e il miglioramento di sé.
Questo tipo di osservazione è aperta a tutto ciò che accade o viene detto perché proprio in questo modo si capisce cosa accade realmente nel contesto studiato e si dà voce a tutti. A volte, infatti, le interviste strutturate focalizzano troppo l'interesse su di un tema, senza considerare le variazioni date dall'incertezza, come, ad esempio, le richieste dei soggetti per il progetto. Un approccio aperto, in sintesi, si occupa del diritto alla libertà (ONU, 1948), considerando anche che ogni situazione è diversa dalle altre.
Questa apertura è si realizza semplicemente raccogliendo dati senza analizzarli. L'analisi, infatti, è la fase di classificazione dei dati ed è un momento successivo del metodo, la quale non deve contaminare l'osservazione. Infatti, se l'analisi viene inserita nell'osservazione, la modifica in termini di non lasciarla libera di osservare tutto. È stato dimostrato che il cervello umano, stimolato a categorizzare ciò che viene guardato, tende a predefinire l'elaborazione delle informazioni, riducendo la profondità dei dati raccolti (Soravia et al., 2020). Più le categorie sono rigorose, meno si apre all'osservazione (Contreras Kallens, Dale e Smaldino, 2018) e ciò potrebbe pregiudicare la capacità di cogliere i messaggi dal contesto. Questa chiusura è data sia dalla struttura dell'intervista che dalla mentalità dell'osservatore, come i suoi preconcetti e le sue aspettative (Contreras Kallens, Dale e Smaldino, 2018). Pertanto, è dovere di ogni osservatore fare uno sforzo per diventare più flessibile nella categorizzazione delle persone e degli eventi e questo può essere fatto utilizzando il linguaggio (Contreras Kallens, Dale e Smaldino, 2018). Un esercizio utile in questa direzione è quello di cercare di utilizzare i repertori generativi e in particolare di evitare di categorizzare le persone e i comportamenti attraverso la generalizzazione, ma essendo il più neutrale, descrittivo e specifico possibile. Questo aiuterà a focalizzare l'attenzione su casi singoli e a non mettere ogni caso in una grande categoria che potrebbe non riflettere le caratteristiche della situazione pertinente (Contreras Kallens, Dale e Smaldino, 2018).
L'osservazione, in definitiva, non è solo una fase di raccolta di dati, ma una pratica per garantire il diritto alla libertà: ascoltare esattamente ciò che l'altra persona sta dicendo, senza barriere o preconcetti. È una pratica per la quale prepararsi come educatori, attraverso una formazione approfondita e il miglioramento di sé.
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REFERENCES
Turchi G.P., Vendramini A., (2016). De Rerum Salute. Teoria e prassi per un’architettura dei servizi generativa di salute. EdiSES, Napoli.
Turchi G.P., Della Torre C., (2007). Psicologia della salute. Dal modello bio-psico–sociale al modello dialogico. Armando Editore, Roma