Responsible patients

Informed consent is the primary paradigm for the protection of patients' legal rights and which guides the ethical practice of medicine (Hall, Prochazka, & Fink. 2012). It is a WHO's document that every patient must sign before receiving any treatment. In fact, "an intervention in the field of health cannot be carried out unless the person concerned has given free and informed consent" (L.I. 28/03/2001, no. 145). It is currently the only means by which the patient can exercise his or her free will with regard to his or her own health. Considering that being healthy means making informed decisions about one's own health, informed consent becomes the instrument in which health promotion takes place. It is therefore important to improve the performance of informed consent (Hall, Prochazka, & Fink. 2012; by Carmen M. G., & Joffe S., 2005).

Currently, most patients think that informed consent is the legal escape route for health professionals (by Carmen M. G., & Joffe S., 2005). It protects professionals in case of accidents, but it would be limiting to understand it only from a legal point of view. In fact, informed consent has ethical origins: it aims to restore responsibility for one's own health to each person. Therefore, to conceive informed consent only as a shield for doctors, would actually be to renounce one's human dignity (by Carmen M. G., & Joffe S., 2005).
A health professional can and should help patients to change their perspective and see the possibilities in informed consent. This is done simply by following the legislation implementing informed consent. It encourages health professionals to disclose appropriate information about the intervention: purpose, nature, consequences and risks. The information must be adapted to the patient's understanding so that he/she has a clear understanding of the available options. In addition, each health professional should ensure patients' comprehension and the ability to make choices (Hall, Prochazka, & Fink. 2012; by Carmen M. G., & Joffe S., 2005). This consists into 5 simple steps:

1. Inform the patient of his or her condition and all possible solutions, including not caring;
2. Answer any questions;
3. Verify understanding through simple questions;
4. Ask what the choice and motivation is and, if needed, give more time/resources;
5. Accompany the patient to the implementation of the chosen procedures.

At the basis of these practices is the dialogue with patients and the invitation to realize that they can choose about their health. In this process, the practitioners' opinion is irrelevant, while their knowledge is foundamental. Hence, the objective is to respect the patient's right of choice, whatever it may be. The person comes first, while the practitioner becomes a tool for health promotion through the use of an objective and generative dialogue.

Promoting informed consent in this way can present certain obstacles, but these can be overcome. The problem of incompatibility with often tight visiting times can be solved by considering a gain in future time. A conscious choice generally has more lasting effects than an unconscious one in terms of understanding the therapies to be taken. This would save time and money lost in solving patients' mistakes.
Some cultures do not recognize the importance of patient participation and this is problematic for the spread of informed consent (by Carmen M. G., & Joffe S., 2005). This obstacle can be overcome by a temporary adaptation of informed consent to the differen situations and a process of social education.
Many perspectives also see the difficulty of using informed consent with minors (by Carmen M. G., & Joffe S., 2005). Often children are considered unable to choose, but this is a misperception of adults. Children are more capable than people think, so it is good to involve them in informed consent choices or, at least, take the opportunity to educate them to be responsible for themselves in the future.

The real difficulty of informed consent is when the person does not know what to choose or decides not to choose. There the situation is delicate, because at all times the doctor risks influencing the individual with his or her opinion, depriving him or her of the right of free will. In these situations the professional educator can help, because this is what he is concerned with: to accompany those who are in difficulty to the choice.
Bringing a patient here, however, is already a great contribution that any health professional can make. Many patients will be grateful for such a small gesture, but it restores dignity and freedom.

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Pazienti responsabili

Il consenso informato è il paradigma primario per la tutela dei diritti legali dei pazienti e che guida la pratica etica della medicina (Hall, Prochazka, & Fink. 2012). Esso è un documento disposto dalla OMS che ogni paziente deve firmare prima di ricevere qualsiasi prestazione. Infatti, "un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato" (L.I. 28/03/2001, n. 145). Esso è attualmente l'unico strumento attraverso il quale il paziente può esercitare il suo libero arbitrio rispetto alla propria salute. Considerando che essere in salute significa prendere decisioni consapevoli rispetto alla propria salute, il consenso informato diventa lo strumento in cui si concretizza la promozione della salute. Diventa dunque rilevante migliorare le prestazioni collegate al consenso informato (Hall, Prochazka, & Fink. 2012; del Carmen M. G., & Joffe S., 2005).

Attualmente, la maggior parte dei pazienti pensano che il consenso informato sia la via di fuga legale per i professionisti sanitari (del Carmen M. G., & Joffe S., 2005). Esso infatti protegge i professionisti nel caso di incidenti, ma intenderlo solo da un punto di vista legale sarebbe limitante. Infatti, il consenso informato ha origini etiche: si propone di restituire a ogni persona la responsabilità nei confronti della propria salute. Dunque, concepire il consenso informato solo come uno scudo per i medici, consisterebbe nel rinunciare alla propria dignità umana (del Carmen M. G., & Joffe S., 2005).
Un professionista sanitario può e deve aiutare i pazienti a cambiare prospettiva e vedere le possibilità nel consenso informato. Ciò si attua semplicemente seguendo la normativa d'implementazione del consenso informato. Essa incentiva i professionisti sanitari a divulgare informazioni adeguata sull'intervento: scopo, natura, conseguenze e rischi. Le informazioni devono essere adattate alla capacità di comprensione del paziente, in modo che egli/ella abbia chiare le opzioni disponibili. Inolte ogni professionista sanitario deve accertarsi della comprensione di quanto divulgato e della capacità di scelta dell'interessato (Hall, Prochazka, & Fink. 2012; del Carmen M. G., & Joffe S., 2005). Ciò si traduce in 5 semplici passi:

1. Informare il paziente della sua condizione e di tutte le possibili soluzioni, includendo anche il non curarsi;
2. Rispondere ad eventuali domande;
3. Verificare la comprensione attraverso semplici domande;
4. Chiedere quale sia la scelta e la motivazione e, in caso, dare più tempo/risorse;
5. Accompagnare il paziente all'attuazione delle procedure scelte.

Alla base di queste pratiche sta il dialogo col paziente e l'invito a rendersi conto che si può scegliere e ragionare sulla propria scelta. In questo processo non entra in gioco l'opinione del professionista, ma solo le sue conoscenze, perché l'obiettivo è rispettare il diritto di scelta del paziente, qualunque essa sia. La persona così viene messa in primo piano, mentre il professionista diventa uno strumento per la promozione della salute attraverso l'uso di un dialogo oggettivo e generativo.

Promuovere così il consenso informato più presentare alcuni ostacoli, i quali però possono essere aggirati. Il problema dell'incompatibilità con tempistiche di visita spesso ristrette si può risolvere considerando un guadagno di tempo futuro. Una scelta consapevole ha generalmente effetti più duraturi di una inconsapevole in termini di comprensione delle terapie da assumere. Ciò porterebbe a risparmiare tempo e denaro perso per risolvere gli errori commessi dai pazienti.
Alcune culture non riconoscono l'importanza della partecipazione del paziente e ciò è problematico per la diffusione del consenso informato (del Carmen M. G., & Joffe S., 2005). Tale ostacolo, può essere aggirato con una temporaneo adattamento del consenso informato alla situazione contingente ed un processo di educazione sociale.
Molte prospettive vedono anche la difficoltà di usare il consenso informato con i minori (del Carmen M. G., & Joffe S., 2005). Spesso i bambini sono ritenuti incapaci di scegliere, ma questa è una mis-percezione degli adulti. I minori hanno più capacità di quante si creda, quindi è bene coinvolgerli nelle scelte del consenso informato o, quantomeno, sfruttare l'occasione per educarli ad essere responsabili di sé stessi nel futuro.

La vera difficoltà del consenso informato è quando la persona non sa cosa scegliere o sceglie di non scegliere. Lì la situazione è delicata, perché in ogni momento il medico rischia di influenzare l'individuo con la propria opinione, privandolo così del diritto di libero arbitrio. In queste situazioni può aiutare l'educatore professionale, perché di questo si occupa: accompagnare alla scelta anche chi è in difficoltà.
Portare fino a qui un paziente, però, è già un gran contributo quello che può dare qualsiasi professionista sanitario. Molti pazienti ringrazieranno per un gesto così piccolo, che però resituisce dignità e libertà.

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REFERENCES

Hall D. E., Prochazka A. V., & Fink A. S., (2012). Informed consent for clinical treatment. CMAJ 2012. https://doi.org/10.1503/cmaj.112120

del Carmen M. G., & Joffe S., (2005). Informed Consent For Medical Treatment and Research: A Review. The Oncologist 2005, 10:636-641. https://doi.org/10.1634/theoncologist.10-8-636

L.I. 28/03/2001, no. 145. "Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei diritti dell'uomo e della dignità dell'essere umano riguardo all'applicazione della biologia e della medicina: Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, nonché del Protocollo addizionale del 12 gennaio 1998, n. 168, sul divieto di clonazione di esseri umani". Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24 aprile 2001

World Health Organization (WHO). Research Ethics Review Committee. https://www.who.int/ethics/review-committee/en/